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Immodificabile in giudizio la motivazione del licenziamento

Corte di Cassazione

Una lavoratrice veniva licenziata per giustificato motivo oggettivo per «crisi aziendale». La lavoratrice impugnava il licenziamento e, nel corso del giudizio, il datore di lavoro adduceva circostanze ulteriori e diverse attinenti allo stato di salute della lavoratrice e alla impossibilità di una collaborazione efficiente. In relazione a queste circostanze, la lavoratrice presentava un secondo ricorso, oltre i termini di legge.
La Corte di Cassazione ha affermato che, in sede di giudizio, il datore di lavoro non può addurre fatti diversi rispetto quelli già indicati nella motivazione del licenziamento enunciata al momento della comunicazione del recesso ma, al più, soltanto circostanze confermative o integrative inidonee a mutare la consistenza storica dei fatti. La Corte di Cassazione ha ritenuto le circostanze addotte dal datore di lavoro irrilevanti ai fini della legittimità del licenziamento e ha ritenuto il licenziamento illegittimo per difetto di motivazione.
La Corte di Cassazione ha rammentato inoltre che il «termine di decadenza previsto dalla legge per l’impugnazione giudiziale del licenziamento [180 giorni dalla trasmissione dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento] è lo stesso anche per l’azione giudiziale proposta per dedurre un vizio diverso dello stesso licenziamento» e ha dichiarato la lavoratrice decaduta dal termine per il secondo ricorso.

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