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Mansioni e demansionamento

Mansioni promiscue: le mansioni superiori non «si contano» ma «si pesano»

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

Il dipendente che svolga, oltre alle mansioni rientranti nel proprio livello di appartenenza, mansioni riferibili ad un livello superiore potrebbe aver diritto al trattamento complessivo stabilito per il livello superiore. L’indagine volta a verificare se il lavoratore abbia o meno un tale diritto deve essere condotta non su un piano quantitativo (ossia, quante ore al giorno o alla settimana sono dedicate all’una o all’altra mansione) bensì focalizzando sulla complessità professionale delle mansioni più elevate: il livello applicabile, dunque, sarà quello proprio delle mansioni che hanno un contenuto professionale più qualificante. Ciò a condizione che le attività di contenuto più elevato siano state svolte dai lavoratori non in via sporadica e occasionale bensì con una frequenza predeterminata dal datore di lavoro allo scopo di sostituire altrettante posizioni vacanti.
Il caso esaminato dalla Corte verteva su un gruppo di addetti ai servizi di rampa di una società esercente attività di scalo aeroportuale i quali, allo scopo di sostituire due responsabili di turno per un periodo di oltre tre anni, erano stati assegnati ciascuno alle mansioni superiori per tre/quattro giorni al mese sul turno intero e per ulteriori due ore al giorno su altri due turni mensili.
La Suprema Corte ha accolto la richiesta dei lavoratori riconoscendo il loro diritto all’inquadramento corrispondente alle mansioni di maggior pregio professionale, anche se, in termini quantitativi, i turni nei quali sono state espletate le mansioni inferiori risultano prevalenti.

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