Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un lavoratore riceveva i cedolini con l’annotazione «per ricevuta/quietanza» e li sottoscriveva. Dopo alcuni anni, questi decise tuttavia di agire in giudizio per ottenere il pagamento delle retribuzioni che affermava non essergli mai state corrisposte. La società si difendeva sostenendo che le retribuzioni erano state corrisposte in contanti e che ne era prova la firma per quietanza.
La Cassazione ha respinto le pretese del lavoratore precisando che laddove il cedolino è sottoscritto dal dipendente «per ricevuta», esso non vale a provare l’avvenuto pagamento delle somme; mentre, laddove il cedolino contiene tutti gli elementi della retribuzione e una dichiarazione del lavoratore «per quietanza», sarà il lavoratore a dover provare di non avere effettivamente ricevuto le somme ivi riportate.
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