Corte d'Appello di Milano
Una lavoratrice veniva licenziata per giustificato motivo oggettivo in seguito alla soppressione della propria mansione (procacciamento di clienti), che, per esigenze di contenimento dei costi, veniva affidata a consulenti esterni. La Corte d'Appello ha rammentato che il giustificato motivo oggettivo può essere integrato anche da esigenze di «migliore efficienza gestionale» e «incremento del profitto» che si traducono in un effettivo mutamento organizzativo dell'azienda. In queste ipotesi, il datore di lavoro ha un obbligo di repêchage del lavoratore, ossia di ricercare ogni possibile riutilizzo del lavoratore nell'ambito della struttura aziendale. Ciò, «esige dal lavoratore che impugna il recesso una collaborazione nell'accertamento di un possibile repêchage mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro […] e conseguentemente l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti». La Corte d'Appello ha osservato che le mansioni della lavoratrice erano state effettivamente soppresse e che la lavoratrice si era limitata ad allegare l'esistenza di posizioni già ricoperte da lavoratori meno anziani e inquadrati a un livello inferiore. La Corte d'Appello ha rammentato che il datore di lavoro non ha un obbligo di scelta tra lavoratori ma soltanto un obbligo di dimostrare che non esistono posti vacanti e ha dichiarato il licenziamento legittimo.Licenziamento giustificato anche per seguire l'incremento del profitto
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