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Orario di lavoro, ferie, permessi

Se il lavoratore chiede un congedo per gravi motivi di famiglia, il silenzio del datore equivale ad autorizzazione

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

Nel caso esaminato, una lavoratrice era stata licenziata per superamento del periodo di comporto. Il datore di lavoro aveva ignorato la richiesta di un lungo congedo per gravi motivi di famiglia da costei formulata ben prima del termine del comporto e alla quale la datrice di lavoro non aveva dato risposta.
La Corte ricorda infatti che, secondo l’art. 4, L. 8 marzo 2000, n. 53 e il D.M. 21 luglio 2000, n. 278 (tuttora vigenti) ogni lavoratore può richiedere un periodo di congedo per gravi motivi, relativi alla propria situazione personale, della propria famiglia anagrafica, parenti e affini entro il primo grado ovvero, se portatori di handicap, entro il terzo grado, anche se non conviventi. Tale congedo può essere utilizzato per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa. Il datore di lavoro deve fornire, entro dieci giorni, una risposta, anche interlocutoria (per abbreviare o spostare il congedo o per sviluppare il contradditorio sulla ricorrenza dei suoi presupposti). L’eventuale diniego, totale o parziale, deve essere motivato.
Pertanto, a fronte di una domanda motivata e documentata del lavoratore, il silenzio del datore di lavoro deve essere considerato quale accoglimento.

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