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Transazione, conciliazione, risoluzione consensuale

La conciliazione «leonina» non mette il datore al riparo dall’impugnazione anche se firmata in sede sindacale.

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

L’accordo nel quale il lavoratore riceva esclusivamente ciò a cui ha pacificamente diritto non ha natura transattiva ma di semplice quietanza e lascia pertanto impregiudicata la facoltà del lavoratore di agire a tutela dei propri diritti. Nel caso esaminato dalla Corte, una lavoratrice riceveva, a fonte della propria rinuncia ad ogni pretesa verso l’ex datore di lavoro, il solo TFR.
L’accordo transattivo, per esser tale, deve inoltre identificare l’oggetto della controversia (la «res litigiosa» o la «res dubia» che potrebbe divenire «litigiosa») che le parti intendono transigere o prevenire. Il c.d. «verbale di conciliazione», dunque, rimane impugnabile dal lavoratore anche se sottoscritto in sede protetta (innanzi al Giudice, all’Ispettorato Territoriale del Lavoro o, come più spesso accade, innanzi al Sindacato) laddove esso si limiti ad un mero richiamo degli effetti dell’art. 2113 Cod. civ. senza entrare nel merito dell’atto da convalidare.
Per garantire la non impugnabilità, inoltre, l’assistenza prestata al lavoratore dai rappresentanti sindacali deve essere effettiva, vale a dire che le singole rinunce e i contenuti dell’accordo debbono essere stati effettivamente vagliati e compresi dal lavoratore con l’ausilio di costoro.

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