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Nel licenziamento orale lavoratore e datore hanno oneri di prova

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

La Cassazione ha fornito alcuni chiarimenti in materia di impugnazione del licenziamento orale.
Un dipendente impugnava il recesso datoriale sostenendo di essere stato licenziato oralmente nel mese di marzo. La società si difendeva sostenendo che il licenziamento risalisse in realtà al mese di novembre allorché era stato comunicato per iscritto.
La differenza tra le due ricostruzioni è rilevantissima: infatti, se avesse ragione il lavoratore il licenziamento sarebbe nullo con applicazione della reintegrazione e del massimo risarcimento economico; se avesse ragione la società, il licenziamento potrebbe anche risultare valido e fondato e il giudice mandarla assolta da ogni pretesa.
La Corte ha stabilito che:
• il lavoratore deve provare la cessazione del rapporto per volontà del datore, ossia di essere stato da questi espulso;
• il datore deve fornire la prova del licenziamento in forma scritta.
La mera cessazione delle prestazioni di lavoro, infatti, non è di per sé idonea a fornire la prova dell’avvenuto licenziamento, potendo costituire l’effetto tanto di licenziamento, quanto di dimissioni, quanto di risoluzione consensuale.

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