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La minaccia di licenziamento può rappresentare un’estorsione

Corte di Cassazione, Sez. Pen.

Due lavoratori denunciavano il proprio datore di lavoro per estorsione: egli, infatti, era solito vessare alcuni dipendenti con orari di lavoro oltre i limiti di legge e non adeguatamente retribuiti. Alle lamentele dei lavoratori, egli ribatteva che erano liberi di andarsene. La Corte d’Appello assolveva il datore dichiarando che non sussisteva il reato di estorsione poiché non si era verificata alcuna costrizione nei confronti dei lavoratori ai quali era sempre stata lasciata libertà di scelta. Inoltre, non si poteva ritenere che i dipendenti si trovassero in una condizione di soggezione rispetto al datore in considerazione della loro condizione personale o familiare.
La Suprema Corte ha rovesciato la decisione. Ad avviso del Collegio, infatti, l’invito ad andarsene prospettava un licenziamento; mentre la posizione di debolezza del minacciato deriva dalle condizioni di mercato e non da quelle personali, posto che le prime vedono la prevalenza dell’offerta sulla domanda di lavoro.

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