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Smart working: il punto sulle regole generali e la disciplina temporanea

«Decreto Aiuti Bis»

Dall’inizio della pandemia, lo smart working è divenuto oggetto di ripetuti interventi da parte del Legislatore. Interventi che, affastellandosi fino ai nostri giorni, hanno finito con il creare incertezze e confusione negli operatori. In questo numero della NewsLetter, offriremo un sintetico quadro dei punti salienti: quando è necessario il patto individuale; quali lavoratori hanno diritto – anche senza il consenso del datore di lavoro – allo smart working; quando e come vanno eseguite le comunicazioni al Ministero.
Secondo la disciplina generale, che non è mai stata abrogata, anche nel pieno della pandemia, ma solo parzialmente sospesa, per poter svolgere la prestazione in regime di smart working è necessario che datore di lavoro e lavoratore stipulino uno specifico accordo individuale, preferibilmente per iscritto. Un eventuale accordo collettivo aziendale, fino ad oggi, non sarebbe sufficiente a sostituire il patto individuale.
In linea generale, dunque, l’attuazione dello smart working è rimessa ad una scelta, contrattuale, libera tra le parti e individuale.
In sede di conversione del c.d. «Decreto Aiuti bis», tuttavia, è stato rinviato al 31 dicembre 2022 l’obbligo di stipulazione del patto individuale. Fino a tale data, dunque, il datore di lavoro potrà disporre unilateralmente l’eventuale lavoro agile.
Gli accordi sottoscritti restano comunque validi.
Gli obblighi di informazione in materia di sicurezza possono anch’essi continuare ad essere assolti mediante l’informativa già utilizzata in pandemia.

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