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Licenziamento per superamento del comporto

L’inerzia del datore di lavoro nel comunicare il licenziamento per superamento del periodo di comporto può significare rinunzia al diritto

Corte d’Appello di Milano

Una lavoratrice veniva licenziata il 17 agosto 2012 per superamento del periodo di comporto a seguito dell’ultimo episodio morboso. In realtà, il periodo di comporto contrattuale era già stato superato il 24 aprile 2012. La lavoratrice era poi rientrata in servizio il 1° giugno 2012 e si era riammalata in agosto.
Secondo la lavoratrice, l’inerzia della società dopo il suo rientro in servizio era da intendersi quale rinuncia al licenziamento.
Il Tribunale di Lodi riteneva invece legittima la condotta aziendale.
La Corte d’Appello, nel confermare la decisione di primo grado, ha precisato infatti che era facoltà della società attendere il rientro in servizio della lavoratrice per valutare, all’esito del comporto, se esistevano margini di utilizzo della stessa all’interno dell’azienda. A partire dal rientro in servizio della lavoratrice, l’inerzia della società nel recedere dal rapporto avrebbe potuto in effetti essere interpretata come definitiva rinuncia al licenziamento (cfr. Cass. 25 novembre 2011, n. 24899). Nel caso specifico, tuttavia, la Corte ha ritenuto che non vi sia stata alcuna rinuncia, poiché il lasso di tempo trascorso dal rientro in servizio (circa 2 mesi e mezzo) doveva essere ritenuto breve a causa delle notevoli dimensioni aziendali che non consentivano un’immediata percezione delle assenze di ogni lavoratore.
Pertanto, in un’azienda di piccole dimensioni il tempo trascorso tra il rientro in azienda e il licenziamento avrebbe potuto determinare l’invalidità di quest’ultimo.

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