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Maternità e paternità

Al rientro dalla maternità, la lavoratrice ha diritto a riprendere il proprio posto e a rifiutare una diversa assegnazione

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

È illegittimo il licenziamento della lavoratrice che, al rientro dalla maternità, si rifiuta di riprendere servizio in una sede differente.
Nel caso esaminato dalla Corte, il posto ricoperto dalla lavoratrice prima dell’astensione obbligatoria (quale responsabile di un punto vendita) era ancora disponibile, sia pure con nuove caratteristiche, ma era nel frattempo stato assegnato ad un nuovo dipendente appositamente assunto a tempo indeterminato. Un mese prima del previsto rientro della lavoratrice, infatti, la società aveva accorpato nella responsabilità del nuovo assunto altri due punti vendita, sostenendo in tal modo che la vecchia posizione fosse stata soppressa in favore di una nuova.
Al rientro della lavoratrice dalla maternità, il datore di lavoro aveva pertanto disposto il suo trasferimento da Firenze a Milano. Di fronte al rifiuto della dipendente, la società le comunicò il licenziamento.
La Corte, confermando la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, ha ritenuto che la società datrice avesse preordinato il licenziamento della dipendente, seppure dissimulato nella riorganizzazione e nel successivo trasferimento. Infatti, la nuova posizione di responsabile di più punti vendita avrebbe potuto e dovuto essere attribuita alla lavoratrice, munita di competenze professionali adeguate e non inferiori a quelle del sostituto.
Di fronte all’illegittimo trasferimento ordinato dalla società, dunque, la lavoratrice aveva fatto corretto uso del principio civilistico secondo il quale il contraente può rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione se la controparte contrattuale risulta inadempiente alla sua. Con la conseguente illegittimità del licenziamento e la reintegrazione ai sensi dell’art. 18 Statuto.

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