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Licenziamento per giusta causa

Il post su Facebook, denigratorio della propria datrice di lavoro, non giustifica il licenziamento

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

Illegittimo il licenziamento comminato al lavoratore che ha postato, sulla propria pagina Facebook, espressioni dal contenuto (ritenuto dal datore di lavoro) «oggettivamente diffamatorio, sia nei confronti della stessa società che nei confronti della legale rappresentante». La vicenda processuale che ne è scaturita ha conosciuto esiti altalenanti, confermando dapprima le ragioni della società e in seguito quelle del lavoratore, reintegrato nel posto di lavoro e risarcito dei danni.
Investita della questione, la Suprema Corte è stata chiamata a giudicare sul punto – sostenuto dalla società – secondo cui l’art. 18, Statuto dei Lavoratori, ammetterebbe la reintegrazione solo in caso di insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento, con esclusione di ogni valutazione che attenga alla proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità della condotta contestata. Confermando il proprio prevalente orientamento, la Corte ha ribadito che la nozione di insussistenza del fatto comprende anche «il fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità».
Conseguentemente, ritenuta legittima la pubblicazione del lavoratore la Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento e la reintegrazione del lavoratore.

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