Tribunale di Cuneo
Un lavoratore, agiva in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della condotta mobbizzante posta in essere dal suo superiore diretto, Questi era infatti uso ad inviare al lavoratore suo sottoposto quotidiane mail, sempre mettendo in conoscenza soggetti terzi e lavoratori gerarchicamente sottoposti al ricorrente stesso. Da tali e-mail si evinceva un costante fine di ostacolare il lavoratore e di farlo apparire totalmente incapace e inadatto al ruolo rivestito.
La Suprema Corte nel confermare le pronunce di merito, ha avuto modo di precisare che nel caso in questione si trattava della tipica forma del c.d. «mobbing verticale», c.d. «bossing». Inoltre, la Cassazione ha ritenuto sussistente l’intento lesivo e persecutorio da parte del superiore gerarchico, precisando che grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore (art. 2087 Cod. civ.).
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