Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Se il posto di lavoro viene soppresso per fondate ragioni organizzative, il dipendente che presta assistenza a un familiare disabile, godendo dei benefici previsti dalla L. n. 104/1992, non può opporsi al trasferimento. Così è stato deciso in relazione al ricorso promosso da una lavoratrice, con qualifica di capo tecnico radiologo, che ha impugnato il provvedimento aziendale con il quale è stata trasferita dalla propria abituale sede di lavoro ad altra sita a circa 5 chilometri di distanza.
Accertata l’effettiva soppressione del posto occupato dalla lavoratrice presso la sede di provenienza e l’effettiva disponibilità di un posto analogo presso la sede di destinazione, sono state respinte le doglianze della lavoratrice che allegava i disagi conseguenti allo spostamento nonché la tesi secondo cui il trasferimento sarebbe stato un atto di ritorsione per il rifiuto di profferte sessuali (peraltro basata su una sentenza penale che aveva condannato il superiore gerarchico autore del trasferimento impugnato).
La Suprema Corte ha chiarito che il divieto di trasferimento posto dalla L. n. 104/1992 non opera in presenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.