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Orario di lavoro, ferie, permessi

La reperibilità non è orario di lavoro

Corte di Cassazione, Sez. Lav.

L’addetto alla diga di una centrale elettrica chiedeva il pagamento di differenze retributive per la violazione, da parte del datore, delle disposizioni in materia di orario di lavoro. Il lavoratore in particolare chiedeva di essere retribuito per le ore di reperibilità prestate durante l’attività di vigilanza, poiché gli era precluso di disporre liberamente del proprio tempo di riposo. Tali ore, secondo la sua prospettazione, dovevano essere intese come ore di lavoro vero e proprio.
Secondo il Tribunale, però, era emerso che la reperibilità era diversa dall’attività lavorativa poiché limitava ma non escludeva il riposo; il disagio conseguente alla sola reperibilità passiva, senza effettiva chiamata, era già compensato dal CCNL. Durante la reperibilità speciale, pur se vincolato nei luoghi, il dipendente restava libero di riposare e dedicarsi ad attività di suo gradimento, anche in compagnia, senza alcuno specifico obbligo di vigilanza. Si trattava di un servizio sostanzialmente di attesa, che si sarebbe attivato solo a seguito di allarme e per il quale era prevista un’indennità ed un riposo compensativo. Qualunque prestazione eventualmente richiesta, poi, sarebbe stata retribuita come lavoro straordinario. Per le sue caratteristiche di reperibilità speciale, in definitiva, quella del ricorrente rientrava tra le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa che non possono essere ricomprese nell’orario di lavoro.

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