Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Un dirigente riceveva un licenziamento per giusta causa e adiva il Giudice del lavoro per contestarne la legittimità.
Il Tribunale condivideva le doglianza del dirigente e condannava la società convenuta a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso e l’indennità supplementare. La Corte d’Appello riformava in parte la sentenza, confermando la condanna al pagamento del preavviso ma ritenendo giustificato il licenziamento e ordinando quindi al dirigente di restituire le somme nette ottenute quale indennità supplementare.
In particolare, secondo i Giudici parte delle accuse mosse contro il dirigente nella contestazione disciplinare erano generiche, quindi lesive del diritto di difesa e non idonee a fondare la sanzione; tuttavia, altre accuse risultavano provate e di per sé idonee a legittimare il recesso della società ma non la giusta causa.
La Suprema Corte ha confermato la decisione ritenendo che per la «giustificatezza» del licenziamento del dirigente era sufficiente la dimostrazione di 2 dei 6 addebiti disciplinari contestati. La Corte, infatti, ha precisato che ai fini della «giustificatezza» del licenziamento del dirigente, non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.