Corte di Cassazione, Sez. Lav.
Nel caso esaminato, un lavoratore è stato licenziato per aver violato la procedura della banca, datrice di lavoro, relativa alla gestione del credito, avendo omesso di verificare parametri oggettivi, quali la consistenza del patrimonio del debitore, la sua capacità di reddito ecc. Secondo la Suprema Corte, il caso ha ad oggetto comportamenti che non attengono ai doveri fondamentali del lavoratore: non si tratta cioè di condotte rientranti nel c.d. «minimo etico» condiviso dalla coscienza sociale o di condotte di rilevanza penale. Siffatti comportamenti, sono riconoscibili come tali da chiunque e, pertanto, sono sanzionabili senza necessità di specifica previsione disciplinare. Viceversa, la condotta contestata al lavoratore risulta in contrasto con norme di azione che derivano da direttive interne della banca, che possono mutare nel tempo, in relazione a contingenze economiche e di mercato. Ne deriva, prosegue la Corte, che la rilevanza disciplinare (derivante dall’inosservanza) di tali disposizioni, nonché la loro gravità ai fini di determinare l’adeguata sanzione, devono essere previamente posti a conoscenza dei dipendenti, nell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 7, Statuto dei Lavoratori. Senza la previa pubblicizzazione delle norme disciplinari, verrebbe di fatto a cessare la sua funzione sostanziale di prevedibilità dell’esercizio del potere disciplinare, predeterminata nella tipizzazione degli addebiti, nella graduazione della loro rilevanza e gravità ed nella correlazione con le sanzioni previste.
Tale pronuncia, in sostanza, esige il preventivo inserimento dell’infrazione nel codice disciplinare, pena la sua non punibilità.
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