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In caso di demansionamento, il lavoratore può ottenere il risarcimento dei danni se prova di averne subito. 

Il lavoratore che lamenta di aver subito un danno per essere stato demansionato sul lavoro, lo deve provare, mentre il datore di lavoro, per resistere alla richiesta di risarcimento, deve dimostrare di aver adempiuto esattamente ai propri obblighi di assegnazione delle mansioni.  

La Corte di Cassazione lo ha ribadito con l’ordinanza n. 6275 del 8 marzo 2024 con la quale ha accolto il ricorso di una lavoratrice alla quale la Corte d’Appello aveva negato il risarcimento a seguito di accertamento del demansionamento subito. 

La Corte aveva infatti ritenuto che la lavoratrice non avesse fornito elementi utili a dimostrare, anche per presunzioni, di aver subito un danno.  

 

Concetto di demansionamento e prova del danno  

Il demansionamento consiste nell’atto di assegnazione di un lavoratore a mansioni inferiori rispetto alle sue competenze, generalmente ricomprese in un livello di inquadramento inferiore rispetto a quello pattuito nel contratto individuale di lavoro o a quello corrispondente alle mansioni svolte fino a quel momento dal lavoratore. 

La Corte in questa ordinanza ribadisce che il danno da demansionamento non è da considerarsi risarcibile in quanto tale e non esiste per il solo fatto che c’è stato un comportamento illecito (il demansionamento) ma deve essere dimostrato dal lavoratore. 

La prova può essere fornita anche in maniera presuntiva, purché le presunzioni siano gravi, precise e concordanti. 

Le conseguenze del demansionamento quindi dimostreranno la dequalificazione portatrice di danno. 

Nel caso citato la Corte ha riconosciuto sufficienti le prove prodotte dalla lavoratrice sull’attività svolta, demansionante quanto a: 

  • qualità delle mansioni; 
  • quantità dell’attività; 
  • tipologia e natura della professionalità coinvolta; 
  • durata della assegnazione alle mansioni di produzione; 
  • fine delle attività impiegatizie ricoperte in precedenza; 
  • diversa collocazione lavorativa dopo corso di formazione; 
  • inascoltati i solleciti ai superiori per essere spostata a mansioni più consone.  

 

Adempimento degli obblighi del datore di lavoro in caso di demansionamento 

L’accertamento giudiziale del demansionamento passa anche per l’atteggiamento processuale del datore di lavoro. 

La Corte di Cassazione ha ricorda, nell’ordinanza citata, che spetta al datore di lavoro provare di aver adempiuto ai propri obblighi contrattuali di corretta assegnazione delle mansioni.  

Sarà lui a dover provare che la diversa collocazione del lavoratore non è un demansionamento, oppure che l’assegnazione a mansioni inferiori è giustificata dal legittimo esercizio dei propri poteri imprenditoriali. 

In alternativa, per non incorrere nell’esercizio illegittimo di demansionamento, potrà dimostrare di non aver potuto adempiere ai propri obblighi per una causa a lui non imputabile.  

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