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Quando un licenziamento è considerato ritorsivo e quando un giornalista va considerato un collaboratore dipendente? Ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza 20530 del 27 giugno scorso. Un mio breve commento alla pronuncia in questo articolo.

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20530 del 27 giugno 2022, si è occupata del caso di un giornalista che ha rivendicato al proprio datore di lavoro, un quotidiano con cui collaborava da tempo, la natura subordinata del loro rapporto e ha richiesto l’inquadramento di redattore.

Immediatamente dopo questa richiesta, il giornale ha comunicato il recesso dal rapporto di collaborazione senza alcun motivo, così che il giornalista ha chiesto al Tribunale di Firenze che venisse dichiarata la natura ritorsiva del licenziamento e accertata la natura del rapporto di lavoro.

Il Tribunale però ha accolto la tesi del giornale e riconosciuto il giustificato motivo oggettivo nella crisi aziendale del quotidiano.

La Corte d’appello di Firenze, in secondo grado, ha confermato la natura subordinata del rapporto e ritenuto il licenziamento ritorsivo e illegittimo per mancanza di motivazione condannando il giornale a reintegrare il giornalista nel posto di lavoro e a risarcirgli il danno patito.

La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i ricorsi avanzati dal giornalista e dal quotidiano e affermato che, il licenziamento del giornalista/collaboratore fisso sarebbe ritorsivo se venisse comunicato pochi giorni dopo il ricevimento delle rivendicazioni del lavoratore in merito alla natura subordinata del rapporto e nel caso mancasse un motivo lecito.

Il giornalista collaboratore fisso secondo la Cassazione

La Suprema Corte, diversamente da quanto contestato dal quotidiano, ha aderito al riconoscimento della qualifica di “collaboratore fisso”, e quindi confermato la natura subordinata del rapporto di lavoro, e questo citando l’articolo 2 del Contratto Collettivo di lavoro Giornalistico.

Il contratto infatti prevede che sussistano queste condizioni:

  1. “continuità della prestazione, non occasionale se pur non necessariamente quotidiana (ancorché non possa essere esclusa la quotidianità della prestazione, come si pretenderebbe)”;
  2. “vincolo di dipendenza, consistente nell’impegno di porre a disposizione la propria opera senza che venga meno tra una prestazione”;
  3. “responsabilità di un servizio con riferimento all’impegno di redigere articoli su specifici argomenti”.

 

Il licenziamento ritorsivo e l’assenza di giustificato motivo del licenziamento

Una volta accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro il recesso è a sua volta qualificato come licenziamento.

La Corte ne ha riconosciuta la natura ritorsiva perché comunicato dopo soli sei giorni dalla ricezione della lettera con cui il giornalista aveva esposto la sua richiesta e non adducendo alcun motivo nel licenziamento.

 

V. F. Giglio

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