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Il contratto di agenzia e il contratto di lavoro subordinato 

L’articolo 1742 Codice civile definisce il contratto di agenzia come il contratto con cui un agente «assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra [mandante o preponente], verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata».  

L’articolo 2094 Codice civile definisce il lavoratore subordinato come colui che «si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore». 

Le differenze sono evidenti: 

  • l’agente è un lavoratore autonomo che organizza il proprio lavoro in totale libertà, senza obblighi di orario o luogo, reperisce i clienti e sopporta le spese di gestione del proprio lavoro 
  • il lavoratore subordinato presta la propria opera nel rispetto delle direttive del datore di lavoro, il quale ha il potere di controllare il suo operato e anche di sanzionarlo se non adempie agli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà previsti dalla legge  

Esistono, tuttavia, alcuni elementi che appaiono a prima vista comuni ai due tipi di rapporto: 

  • l’agente deve svolgere l’incarico secondo le istruzioni fornite dal preponente, come stabilisce l’articolo 1746 Codice civile  
  • i contratti di agenzia possono essere regolati da accordi collettivi 
  • anche l’agente può avere diritto a percepire delle somme alla fine rapporto. 

Le indennità di cessazione del rapporto di agenzia  

Quando il contratto di agenzia termina, l’agente può avere diritto a ricevere delle somme a titolo di indennità di cessazione. Lo prevedono sia l’articolo 1751 Codice civile, sia gli Accordi Economici Collettivi (AA.EE.CC.).  

Secondo l’articolo 1751 Codice civile, l’indennità è riconosciuta se l’agente abbia procurato nuovi clienti o sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti. 

Il pagamento dell’indennità deve essere equo secondo le circostanze del caso, prima fra tutte, l’importo delle provvigioni che l’agente perderebbe con la fine del rapporto con questi clienti. 

L’indennità invece non è dovuta se il preponente chiude il rapporto perché l’agente non ha adempiuto ai propri obblighi in modo grave o se è l’agente a recedere dal contratto, a meno che la sua decisione non sia giustificata da inadempimenti del mandante o da impedimenti dell’agente quali infermità o età per le quali non sia ragionevole chiedergli di proseguire il rapporto. 

I contratti collettivi degli agenti (detti «AEC») hanno articolato l’indennità prevista dall’articolo 1751 Codice civile in tre parti: 

  • l’indennità di risoluzione del rapporto (FIRR)  
  • l’indennità suppletiva di clientela  
  • l’indennità meritocratica  

Il diritto a questi tre tipi di indennità sorge solo se vengono rispettati i requisiti che l’AEC stabilisce per ciascuno di loro. 

La disciplina prevista dagli AEC è molto diversa da quella stabilita dalla legge. Questo ha fatto mettere in discussione la validità delle regole contenute negli AEC. 

Per non perdere la possibilità di far valere il proprio diritto all’indennità, l’agente, entro un anno da quando cessa il rapporto, deve chiedere al preponente di corrispondergli l’indennità. Se il preponente non la versa, l’agente può rivolgersi al Giudice per ottenere quanto gli spetta, ma dovrà farlo entro cinque anni, altrimenti il proprio diritto all’indennità si estinguerà. 

Trattamento di fine rapporto per i lavoratori subordinati 

Il trattamento di fine rapporto (TFR) è la somma che spetta  al lavoratore subordinato al termine del rapporto di lavoro, secondo quanto stabilisce larticolo 2120 Codice civile 

A differenza dell’indennità degli agenti, riconosciuta solo a determinate condizioni, il TFR spetta in ogni caso di cessazione del rapporto. Esso è, di fatto, una parte della retribuzione differita nel tempo. 

Il TFR spetta, quindi, a tutti i dipendenti subordinati a prescindere dai motivi per cui il rapporto è terminato. Il TFR, accantonato negli anni presso il datore di lavoro o presso fondi previdenziali, viene corrisposto al termine del rapporto di lavoro, in genere entro un mese. 

A differenza dell’agente, il dipendente può chiedere, durante il rapporto di lavoro, un’anticipazione del TFR maturato, purché il lavoratore abbia maturato almeno otto anni di anzianità di rapporto e solo se egli debba far fronte a spese sanitarie o acquistare la prima casa per sé o per i figli. 

Il diritto al TFR si prescrive in cinque anni
Se il datore di lavoro non corrisponde il TFR, il lavoratore può ottenere il TFR dal fondo di garanzia INPS. 

 

V. F. Giglio

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