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I crediti retributivi che spettano al lavoratore dipendente 

I crediti retributivi sono le somme di danaro cui il lavoratore ha diritto per il lavoro svolto, ma che il datore di lavoro non gli corrisponde alla scadenza prevista. 

Per crediti retributivi si intende, ad esempio: 

  • la retribuzione  
  • eventuali differenze retributive non corrisposte (ad esempio per mansioni svolte superiori al livello contrattuale); 
  • le somme da pagare quando il rapporto finisce (ad esempio il TFR); 
  • i compensi per gli straordinari; 
  • ecc. 

I lavoratori che hanno diritto a queste somme e non le ricevono dal datore di lavoro, possono chiedere al Giudice che di ordinarne il pagamento. 

Naturalmente ci sono dei limiti per esercitare questa azione. 

 

La prescrizione dei crediti retributivi 

La prescrizione è uno dei modi in cui i diritti si estinguono. Tra loro anche i crediti per le retribuzioni non corrisposte. 

I diritti si estinguono per prescrizione quando il titolare li fa valere dopo il periodo massimo di tempo stabilito dalla legge.  

Per i crediti retributivi questo periodo è fissato in cinque anni. Lo prevede l’art. 2948, comma 4, Cod. civ., con riferimento alle somme che il datore di lavoro deve pagare a scadenze periodiche, per legge, per contratto o per consuetudine.  

La prescrizione delle somme dovute al termine del rapporto di lavoro, come il trattamento di fine rapporto, l’indennità di mancato preavviso e l’indennità per causa di morte è sempre di cinque anni. Lo prevede il numero 5 dello stesso Cod. civ. 2948 Cod. civ. 

 

L’inizio del periodo di prescrizione dei crediti retributivi 

Il momento in cui inizia a decorrere il periodo di prescrizione va individuato con attenzione. Questo è fondamentale per evitare che il diritto si estingua per il solo effetto del trascorrere del tempo. 

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha ritenuto che la prescrizione dei crediti retributivi decorra in momenti diversi a seconda che il rapporto di lavoro fosse o meno stabile, ossia protetto dalla c.d. «tutela reale» offerta dall’art. 18 Statuto dei Lavoratori. 

Se il rapporto è stabile, infatti, la prescrizione inizia a decorrere da quando il credito è maturato, ossia dal momento in cui il lavoratore aveva diritto a riceverne il pagamento. Questo poteva succedere anche durante il rapporto di lavoro. 

Se il lavoro non è stabile, invece, secondo la consolidata giurisprudenza, la prescrizione decorre dal momento in cui il rapporto di lavoro termina. In questo caso, infatti, si riteneva che il lavoratore potesse temere di essere licenziato ingiustamente se avesse reclamato i propri diritti. E che questo timore avrebbe potuto indurlo a non rivendicarli nel corso del rapporto di lavoro. 

 

Le caratteristiche del rapporto di lavoro stabile 

Confermando un orientamento che si è affermato per primo presso il Tribunale di Milano, con la sentenza 20 ottobre 2022, n. 30957, la Corte di Cassazione ha affermato che la prescrizione dei crediti retributivi decorre dal momento in cui cessa il rapporto di lavoro, anche nel caso in cui essi siano protetti dall’art. 18 Statuto dei Lavoratori. 

Secondo questo orientamento, infatti, dopo le modifiche apportate all’art. 18, Statuto dei lavoratori, dalla legge Fornero (L. 28 giugno 2012, n. 92) e dal Jobs Act (D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23), il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non può più considerarsi stabile, almeno non nel senso richiesto per il decorso della prescrizione. 

Queste due norme infatti hanno limitato fortemente, almeno nell’intenzione del Legislatore, i casi di reintegrazione nel posto di lavoro a seguito di licenziamento illegittimo, sostituendo la reintegrazione con il risarcimento economico. 

Oggi, in realtà, la giurisprudenza e la Corte Costituzionale hanno nuovamente esteso la portata delal reintegrazione ben oltre i confini che le riforme del 2012 e del 2015 si proponevano. In linea di principio, ad ogni modo, il Giudice deve fare una valutazione in ciascun caso concreto portato alla sua attenzione. Questa valutazione è articolata e serve ad accertare se il licenziamento sia legittimo o meno e poi decidere quale sanzione applicare: reintegrazione e risarcimento o solo risarcimento.  

La reintegrazione è quindi, un’ipotesi non più automatica.  

Nel caso concreto portato all’attenzione della Corte di Cassazione, alcuni lavoratori turnisti part time hanno proposto ricorso contro il datore di lavoro e ottenuto la sua condanna dalla Corte di Appello di Firenze.  

Il ricorso riguardava differenze retributive da maggiorazioni per lavoro notturno e notturno festivo. 

Nonostante il tempo trascorso dal periodo di paga in cui i lavoratori avrebbero dovuto percepire le differenze, infatti, la Corte ha ritenuto non applicabile la prescrizione se non dal momento del licenziamento.  

 

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