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L’assicurazione obbligatoria INAIL opera in caso di infortunio sul lavoro in presenza di determinate condizioni: 

  • causa violenta nel luogo di lavoro 
  • oppure nel percorso da e per il luogo di lavoro  
  • connessa all’attività lavorativa

La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27279 del 25 settembre 2023 è tornata ad occuparsi del problema dell’operatività delle polizze.  

L’attività lavorativa, in molti casi, può esporre il lavoratore al rischio di rimanere vittima di un evento traumatico. Purtroppo, la cronaca si occupa spesso dei tanti gravi infortuni, che si verificano sui luoghi di lavoro e purtroppo lasciano vittime lavoratori e lavoratrici giovani e non. 

Per tutelare i lavoratori o, nei casi più gravi, i loro eredi, i datori di lavoro sono tenuti ad assicurarli contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. 

L’assicurazione è obbligatoria e va accesa presso l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), ente che, nel caso in cui si verifichi un evento che rientra nel rischio assicurato, eroga al lavoratore prestazioni sanitarie ed economiche.  

 

Le prestazioni erogate dall’INAIL 

Nel caso in cui all’infortunio segua un periodo di cura o convalescenza, il lavoratore che si deve assentare sarà retribuito normalmente; se cagiona infermità più o meno gravi e più o meno durature, l’INAIL interviene con prestazioni economiche, sanitarie, protesiche, riabilitative e legali. 

In caso di morte del lavoratore l’assicurazione obbligatoria tutela anche gli eredi con una rendita.  

Il caso trattato nella sentenza citata (Cassazione del 25 settembre 2023), trae origine proprio da un tragico evento che ha causato la morte di un manovale di un’impresa edile. Mentre il lavoratore si dirigeva a lavoro sull’autocarro aziendale guidato da un collega, veniva aggredito vicino ad una fontanella, presso cui avevano deciso di fare una breve sosta. L’aggressione ha causato ferite che purtroppo hanno portato al decesso del lavoratore. 

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di appello hanno respinto la richiesta di risarcimento presentata dagli eredi del lavoratore, per richiedere una rendita all’INAIL.  

I giudici hanno ritenuto che non si trattasse né di infortunio in itinere, cioè di infortunio avvenuto durante il tragitto per raggiungere il luogo di lavoro, né di infortunio “sul” lavoro, bensì di un evento fortuito in nessun modo legato alla professione del malcapitato.  

Anche la Cassazione ha respinto il ricorso degli eredi e ha motivato la decisione. 

 

L’infortunio sul lavoro  

La disciplina del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che tratta dell’ infortunio “in occasione di lavoro” 

all’articolo 2 dispone che l’assicurazione INAIL copra tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in “occasione di lavoro”. 

Si ha l’occasione quando lo svolgimento del lavoro (comprendendo anche gli spostamenti necessari per raggiungerlo), espongano il lavoratore al rischio di infortunio. 

Per ottenere la tutela assicurativa non è sufficiente che una causa violenta abbia coinvolto il lavoratore nel luogo di lavoro o sulla via per il lavoro ma serve che la causa sia connessa all’attività lavorativa o almeno, occasionata dal suo svolgimento. 

Questo principio ha, in passato, reso possibile all’INAIL di evitare la prestazione assicurativa nei casi di delitti commessi da terze persone in danno di lavoratori, non connessi al lavoro.  

 

Il limite del pericolo individuale 

La tutela assicurativa incontra dunque il limite del pericolo individuale, argomento già utilizzato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 31485 del 3 novembre 2021. 

Non opera quando la vittima sia esposta a un rischio personale, ovunque si trovi, per motivi che nulla hanno a che vedere con il lavoro che svolge.  

La tutela non si attiva quindi il solo fatto che l’infortunio si sia verificato nel tempo e nel luogo di lavoro, ma perché INAIL risponda occorre che il danno derivi da cause connesse al lavoro, anche se provocate da terzi. 

La Suprema Corte ha riconosciuto la fondatezza delle motivazioni dei giudici di primo e secondo grado e respinto il ricorso degli eredi.  

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