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Il lavoratore ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro e risarcito nel caso in cui il licenziamento adottato per giustificato motivo oggettivo risulti illegittimo.  

Lo afferma la Cassazione con la recente sentenza n. 34051 pubblicata il 18 novembre 2022. 

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è previsto per motivi che riguardano l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il suo regolare funzionamento (art. 3, L. n. 604/1966). 

La Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal lavoratore contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che non lo aveva reintegrato nel posto di lavoro. Secondo il lavoratore il Giudice di Roma non aveva considerato diversi aspetti che rendevano illegittimo il licenziamento. 

 

Giustificato motivo oggettivo e onere della prova 

La Suprema Corte ha ribadito l’orientamento affermatosi in relazione al nuovo art. 18, Statuto dei Lavoratori. 

Sul punto era intervenuta anche la Corte Costituzionale. 

Il giustificato motivo oggettivo del licenziamento è costituito da ragioni connesse: 

  • all’attività produttiva; 
  • all’organizzazione del lavoro; 
  • al suo regolare funzionamento 
  • all’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore 

spetta al datore di lavoro dimostrare i presupposti che legittimano il licenziamento. 

 

L’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori dopo due recenti sentenze della Corte Costituzionale 

La Corte di Cassazione ha ricordato che l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori è stato oggetto di due recenti interventi della Corte Costituzionale: le sentenza n. 59 del 2021 e la n. 125 del 2022 

Ci siamo occupati di queste pronunce in passato: 

 

Illegittimo licenziamento, il dipendente va reintegrato e risarcito 

La Corte ha, quindi ribadito che se il fatto che viene addotto come motivo di licenziamento non sussiste, il giudice è tenuto a reintegrare il lavoratore e anche a prevedere anche una indennità risarcitoria. 

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