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L’obbligo di tutela dell’integrità fisica del lavoratore  

Il nostro ordinamento, all’articolo 2087 Cod. civ. impone al datore di lavoro l’obbligo di adottare le misure di tutela dell’integrità fisica e psicologica del lavoratore necessarie a seconda della particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica. 
Se questo obbligo non viene rispettato, il lavoratore ha diritto ad essere risarcito.  

L’elaborazione giurisprudenziale ha consolidato due diverse figure di lesione alla salute del lavoratore:  

  • il mobbing; 
  • lo straining. 

 

Che cosa è il mobbing 

Un ambiente di lavoro nocivo che, a causa del comportamento del datore o di colleghi di lavoro, reca pregiudizio alla salute del lavoratore viene definito mobbing 

Le condotte del datore di lavoro possono essere anche singolarmente lecite ma se sono messe in atto in modo continuativo e con intenzione persecutoria, danno vita al fenomeno che può essere denunciato e portare al risarcimento. 

In questo blog ci siamo occupati più volte di mobbing e dei requisiti per far valere l’accusa contro il datore di lavoro. Leggi qui 

 

Che cosa è lo straining 

Lo straining invece si realizza quando il datore di lavoro adotta condizioni lavorative che creano uno stress al lavoratore tale da pregiudicare il diritto fondamentale alla sua salute. 

A differenza del mobbing, quindi, lo straining consiste in una o più condotte ostili da cui derivi una situazione permanente di disagio per il lavoratore, al punto da procurargli disturbi psico-fisici anche gravi. 

Viene considerato straining, ad esempio la mancata assegnazione di compiti da svolgere o di strumenti di lavoro, lo svilimento professionale, il demansionamento e via dicendo. 

 

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione 

L’ordinanza 11 novembre 2022, n. 33428 della Corte di Cassazione torna a occuparsi di straining 

Il ricorso è stato presentato contro una sentenza della Corte di Appello di Genova che ha negato il risarcimento a un lavoratore che si doleva con il datore di lavoro di affidargli mansioni squalificanti e mantenere un’atmosfera conflittuale tra sé e il proprio superiore. 

La Corte di Cassazione ha ritenuto che il lavoratore avesse diritto al risarcimento per danno alla salute poiché lo straining si verifica anche quando lo stress forzato del lavoratore derivi da un ambiente lavorativo ostile che il datore di lavoro non abbia migliorato per propria «colpa».  

La colpa del datore di lavoro in questo caso era quella di non aver attribuito importanza al fattore organizzativo del lavoro e alle conseguenti possibili malattie professionali che ne potevano derivare, quelle note come tecnopatie da costruttività organizzativa. 

 

La responsabilità risarcitoria del datore di lavoro  

Il lavoratore deve essere risarcito del danno subito a causa dell’inadempimento dell’obbligo di protezione del datore di lavoro anche se solo colposo.  

Non vi è responsabilità e quindi non vi è risarcimento, invece, quando il danno alla salute del lavoratore è motivato dalla normale usura che deriva dallo svolgimento ordinario del lavoro. 

La Cassazione ha accolto il ricorso del dipendente e rinviato il processo nuovamente alla Corte d’Appello di Genova.  

Nel farlo ha affermato l’importante principio secondo il quale rientra nell’obbligo di protezione in capo al datore di lavoro, la tutela contro le tecnopatie da costrittività organizzativa. 

Lo straining per la Corte si configura quando:  

  • i comportamenti stressogeni sono attuati scientemente nei confronti di un dipendente o; 
  • il datore di lavoro consenta, anche solo colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori. 
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